Attraversare la strada ad Hanoi
- Antonio Castiello
- 16 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 20 ott
Ernesto Paglia non è un essere umano particolarmente previdente e giudizioso. Tra le sue virtù non spicca nemmeno quella dell'amor proprio. Questo riassunto personale, risulta evidente anche a sé stesso mentre maledice la sua nottata passata a bere happy water e giocare a poker vietnamita. Gli restano comunque incognite due cose: le regole del gioco e la natura di quest'acqua felice. Nella notte passata, nel suo pieno abbraccio alla situazione folkloristica, gli era sembrato impossibile dir di no al cuoco vietnamita che continuava a riempire gli shottini da una zuppiera e a ripetergli cose che suonavano tipo toibaso toibaso toibaboh.

Alle undici e trenta del mattino, viene fuori dal suo ostello passando da una situazione climatica paragonabile a una primavera islandese ai trentasette gradi di Hanoi. Non è il caldo ma l'umidità, è il mantra materno che gli viene in mente.
Alla sua lista di scelte poco consone al contesto, decide di aggiungere quella di accendersi una sigaretta. Un vago e confuso intento di voler dimostrare al mondo orientale che può farcela. Ernesto Paglia può giocarsela in quella parte di mondo proprio come il tizio col carretto di banh mi accanto a lui. Lui non è il turista col pantalone ad elefanti. Non è l'americano che sale in aereo col cappello di paglia a cono. Non starà nemmeno a dire ai suoi amici quanto il Vietnam gli ha cambiato la vita. Lui è un esploratore di coscienze ed esperienze. La sera prima ha pure fatto un paio di tiri da quella lunga pipa di bamboo senza tossire e senza morire.
In questa sua malsana rivendicazione da uomo cosmopolita purtroppo non c'è gloria per Paglia. Al primo tiro è il monarca del Vietnam, al secondo il suo impero finisce in un mezzo collasso. L'uomo del banh mi stacca le gambe dal suo squat e salva il corpo di Paglia da uno scontro col marciapiede rovente. Con lo sguardo curioso e pacifico chiede - presumibilmente - se è tutto apposto. Ernesto ha il corpo sconfitto ma l'anima piena di speranza in quel popolo gentile e dai polmoni d'acciaio.
Ripresa una buona percentuale di vita, Ernesto Paglia decide di avviarsi per la sua passeggiata a capadicazzo per le strade di Hanoi. Non usare le mappe è la sua piccola e personale rivoluzione contro il capitalismo. Una semplice scusa per nascondere alla sua coscienza che si è dimenticato, ancora una volta, di caricare il cellulare. È abbastanza contento di trovarsi in quello spicchio d'Asia dove il tè non si è preso tutto. La caffeina ha ancora senso di esistere e non bisogna reperirla in brodi marroni da catene americane con prezzi spropositati. Su un lato della strada Ernesto vede un uomo piegato su una bacinella intento a mescolare cosciotti di pollo. Un pezzo cade sul marciapiede e con un gesto fluido e continuo il tizio che mescola recupera la coscia da terra e la rimette insieme alle altre. Il suo cervello per un attimo cade nella mediocrità dell'uomo occidentale, tradotta nel volto da un'espressione di disprezzo. Subito dopo, Ernesto rivede la sua posizione. Riconosce di essere una vittima di una società troppo pudica, troppo igienica, troppo burocrate. Se quel cosciotto per lui significa un potenziale cagotto è perché il suo stomaco è cresciuto con un'alimentazione ipocrita ed estremamente formale. All'uomo del banh mi, oltre alla capacità di fumare sigarette a 37° gradi, adesso invidia l'apparato digerente.
Investito da un copioso strato di sudore ascellare e accompagnato da due polmoni che arrancano, Ernesto vede davanti a sé quella che sarà la più grande sfida sportiva e umana della sua vita. Attraversare la strada ad Hanoi.
Motorini come frecce, missili, bombe a mano ed Ernesto non sa come si fa la guerra. La legge del pedone non vale manco per il cazzo e si ritrova così a ballare una salsa solitaria sul marciapiede. Vede gente sorpassarlo e scivolare sull'altro lato della strada senza problemi. Che cos'hanno più di lui? Coraggio? Droga nelle tasche? Il bisogno impellente di raggiungere la toilette pubblica sull'altro lato della strada? La punta di postumi, il caldo e l'immagine di vedersi morto sull'asfalto caldo, cucinano qualcosa di particolarmente speziato nella sua testa. Ernesto Paglia sta affondando in una visione che trasforma quei motorini in tutte le responsabilità della vita che ha sempre evitato di affrontare. Attraversare quella strada non è più la necessità di spostare un corpo tra due punti dello spazio, è il suo destino da uomo adulto.
A tutta velocità su un lambretta rossa, il dovere di schierarsi politicamente e su tutte le questioni mediaticamente rilevanti. A due centimetri dal suo alluce, gli taglia la strada la ricerca di un lavoro stabile seguita da un booster ospita la famiglia di domande delle zie a Natale. Quando ti sposi? Quando fai un figlio? Come si pubblicano le storie su Whatsapp? A suonargli il clacson da un SH bianco è la consegna del 730. Sulla targa sigle a lui incomprensibili tipo IRPEF e IMU. Senza casco, su un mezzo scassato impenna una casa di proprietà. Sgasa fumo nero su una povera bici guidata da stanza in un appartamento condiviso da cinque coinquilini. Arrivano a cascata e senza freni, domande, dubbi e multe che doveva pagare nel 2015.

Ernesto ormai lo sa. La vita è una strada di Hanoi e una strada di Hanoi è la vita. Un pensiero inutile che non contribuisce affatto al suo bagaglio umano. Come il mantra sul fatto che non è il caldo ma l'umidità. Tuttavia, questa forma d'asfalto e di mezzi a due ruote che ha preso la vita lo obbliga ad agire. Deve affrontare il tutto in 5 metri. Ce l'ha, è pronto, sente i muscoli caldi e la mente fresca per farlo. Un esploratore di coscienze deve anche essere pronto al viaggio più duro di tutti. Quello dentro sé stessi. Questa pippa mentale che si è appena fatto lo eccita al punto di essere pronto anche alla morte. Fa un passo in avanti e uno in scooter gli passa sotto l'ascella. Forse le telefonate che dovrebbe fare ai suoi genitori per l'aggiornamento reciproco su stato di salute e geolocalizzazione.
Torna indietro ed è al punto di partenza. Ancora una sconfitta per Paglia in quel mattino sventurato di Hanoi. Volta lo sguardo e qualcosa gli indica che oggi non dovrà più combattere. A venti metri da lui c'è un semaforo e le strisce pedonali. Il rosso è un addio alle armi. Ernesto Paglia nemmeno stavolta dovrà affrontare le responsabilità della vita e l'incoscienza dei vietnamiti alla guida.


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